Si accusa sovente la classe politica di servirsi di un linguaggio - il così detto politichese - poco comprensibile al pubblico (peraltro ciò ovviamente meno accade in periodo elettorale). Questo dipende dal fatto che il popolo non riesce - o forse neppure tenta - di imporre ai governanti la tutela dell'interesse generale e quindi poco o nulla si occupa di quello che la classe politica dice. Di conseguenza la classe politica nel suo agire deve tenere conto, più che dell'interesse generale, degli interessi dei diversi gruppi di potere. Quindi quando il politico parla, dichiara si rivolge non al popolo, alla pubblica opinione, ma agli altri politici, sovente ad un politico-interlocutore determinato. Ed il politichese è perfettamente funzionale a questo scopo.
Tuttavia è sempre opportuno invitare i politici ad usare un linguaggio più chiaro, comprensibile alla maggioranza. Esortiamoli dunque non tanto a dire pane al pane e vino al vino, ma Panebianco a Panebianco (Angelo, editorialista del Corsera) e Gavino al Gavino (Angius, politico del Partito Arcobaleno).
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